Dicono di noi

Panorama di Visciano
Panorama di Visciano

Il Carro Votivo

Il Carro Votivo, una felice intuizione dei fratelli Montella (Raffaele, Felice e Andrea) di cui Raffaele componeva una canzone in onore della Madonna del Capinello, e Felice e Andrea pensavano all'allestimento, alla scenografia e preparazione del Carro, aiutati, a volte, anche dai piccoli Salvatore e Felice, rispettivamente figli di Raffaele e Andrea che trasportavano le "frasche" per l'addobbo.
Il 23 luglio 1930 un pauroso terremoto aveva sconvolto i festeggiamenti in onore della Madonna.
Il sisma aveva provocato al paese danni ancora visibili, ma, al di là di quelli, una lacerante ferita sul tessuto emotivo.
La sacralità violata nel momento culminante dei festeggiamenti impone un'idea nuova, capace di dar vita ad un'azione sacrificale riparatrice e stimolatrice.
Basta, allora, con la pagana Diana, Messaggera di Festa, che invita alla baldoria e prepara alla partecipazione veemente e corale, tipica delle feste meridionali.
'A Riana si trasforma in Carro della Madonna.
Occorre riparare la sacralità violata e ringraziare 'a Padrona per il pericolo scampato.
Così nasce il Carro Votivo sul quale veniva, ogni anno, cantata una Canzone, il Sabato prima che iniziasse la Festa in onore della Madonna Consolatrice del Carpinello nella penultima Domenica di Luglio

Un ricordo che giova

"…Il non mai abbastanza compianto Raffaele Montella, verso cui la comunità di Visciano e soprattutto le civiche istituzioni sono state incredibilmente e imperdonabilmente ingiuste ed ingenerose - esclusi i parenti - se non fosse stato per quattro di noi, egli avrebbe salutato, per l'ultima volta, il tanto amato e "cantato" paesello con la sola compagnia del triste don delle campane…"
Si legge così in un articolo sul ventennale di Radio Carpine, pubblicato dal sottoscritto nel lontano 1996, che fu anche l'anno della scomparsa di Raffaele Montella.
Ricordo ancora i funerali di quel pomeriggio di inizio primavera.
Dalla collegiata, dopo la messa, uscimmo davvero in pochi dietro il feretro e fuori erano ancora meno quelli che aspettavano.
Una cerimonia sobria, discreta, silenziosa: diciamo così.
Diciamo pure che a zi' Rafele sarebbe piaciuto organizzarla proprio in questo modo. Diciamolo, ma ciò non toglie che i viscianesi in quell'occasione mostrarono un'insensibilità e un'ingratitudine inaudite.
E' tipico dei vivi dimenticare troppo in fretta i morti.
E' così dappertutto, ma non è per questo meno ingiusto.
Siamo comunque sicuri che zi' Rafele non se la prese.
Era troppo saggio per farlo e poi in quel giorno già guardava le cose del mondo dall'alto in basso.
Da allora sono passati dieci anni.
Si sarebbe potuto riparare ampiamente a quella ingiustizia.
Macchè.
O sabato d' 'a festa zi' Rafele torna ad essere per tutti un eroe; di domenica mattina già quasi nessuno parla più di lui.
La "nuova" Pro Loco recentemente ha organizzato un convegno per celebrarne il decennale della scomparsa, ma anche, e forse soprattutto, per presentare se stessa.
L'associazione "Il Carro", sorta qualche anno fa, si sta adoperando al meglio, ma finora con modesti risultati, per far conoscere zi' Rafele e le sue canzoni alle nuove generazioni.
Le pubbliche istituzioni continuano a tacere.
Strade, piazze e complessi vengono intitolate senza guardare troppo per il sottile, senza badare al chi e al perché.
Di zi' Rafele non c'è traccia alcuna tra i vecchi e i nuovi toponimi.
Non è certo questa la valorizzazione a cui pensiamo, ma ne sarebbe potuto diventare un significativo inizio.
Prima del 1986 conoscevo zi' Rafele solo di vista, di nome e di fama.
Nell'anno della festa del centenario ebbi il privilegio di ascoltarlo nella sua casa romana per quasi un'intera mattinata, mentre Mimì Montanaro lo intervistava.
Durante tutto il tempo non mi passò mai per la mente di rivolgergli una domanda, tanto ero estasiato dal sentirlo parlare.
Puntuale, lucido, ironico quanto basta, onorava i suoi 85 anni suonati come meglio non avrebbe potuto.
Ad un certo punto fu talmente tanta la suggestione esercitata dal fascino delle sue parole e dalla sacralità della sua persona, che mi parve di avere di fronte non più un arzillo e simpatico vecchietto, ma il mito che di lui mi ero costruito nella fantasia fanciulla e giovanile, sui versi e sulle musiche delle sue più note canzoni.
Parve che la nostra storia stessa si fosse levata per raccontare le vicende del carro, della festa, del paese, della Madonna.
Nel corso di tutti questi anni, venti per la precisione, varie volte mi è capitato, or per questo or per quel motivo, di riprendere in mano quell'intervista.
E sempre vi ho trovato qualcosa di nuovo: un particolare, un cenno, un indizio che, rafforzando idee già sedimentate, aprivano nel contempo nuove prospettive di ricerca.
Quella speciale suggestione, naturalmente, non l'ho più provata.
I miracoli, anche quelli laici, non si ripetono.
C'è un episodio sempre legato a quell'anno, il cui ricordo ancora mi crea qualche imbarazzo e proprio per questo vorrei qui richiamarlo.
Si tratta della canzone "'A storia nosta" che si sarebbe dovuta chiamare "Nu minuto 'e raccoglimento".
Zi' Rafele al solito la consegnò a zi' 'Ndrea, che a sua volta la passò al comitato, cioè a noi.
I fratelli Minale, oggi affermatissimi musicisti, letto il testo, ci fecero capire che qualche piccolo ritocco linguistico avrebbe reso più facile e di migliore qualità l'arrangiamento.
Io e Mimì ci guardammo negli occhi, come per dire: e chi ci mette mano!
Poi, per ingenuità o per chi sa cosa, le mani ce le mettemmo, anche se molto marginalmente.
Arrivammo persino a pensare che forse zi' Rafele non si sarebbe neppure accorto.
Altro che.
Al sabato sera, quando egli sul palco sentì la canzone, scattando come una molla, disse ad alta voce: "Chi l'ha cambiata?"
Non so Mimì, io avrei voluto sprofondare.
Meno male che ero a distanza.
A fine serata tentammo di giustificarci, ma non ce ne fu assolutamente bisogno.
Con un sorrisetto sulle labbra, più espressivo di cento discorsi e più incisivo di mille predicozzi di circostanza, zi' Rafele, senza parole, ci fece capire che i letterati di professione non debbono mai correggere i poeti "non laureati".
                                                                              Angelo La Manna

 

“La storia continua…”

Era diventata come una scadenza.
La settimana precedente la festa, giorno prima, giorno dopo, immancabilmente arrivava da Napoli una telefonata, per ricordarmi il rispetto di un impegno, che senza avere mai assunto si era consolidato nei fatti.
A fare la telefonata era Salvatore Montella e l’impegno da parte mia consisteva nello scrivere un articolo da pubblicare sul giornalino “Il Carro” , che esce a Visciano la sera del sabato della festa.
Tutte le volte per sottrarmi accampavo mille scuse, ma mai che una di esse cogliesse nel segno.
E non perché fossero deboli, ma perché dall’altra parte della cornetta c’era Salvatore, che paziente mi lasciava dire e alla fine come se non mi avesse per niente ascoltato, mi comunicava insieme al dove e al quando anche il nome di chi sarebbe venuto a casa mia a ritirare l’articolo.
Né trascurava di raccomandarmi di scrivere in modo leggibile oppure di farmi aiutare a mettere tutto su un dischetto, conoscendo la mia quasi naturale avversione per ogni tipo di “cembalo scrivente” che non fosse la penna, anche se non più quella … d’oca.
Che simpatica faccia tosta la sua: quanto mi mancherà!
Quest’anno la telefonata non arriverà.
Salvatore non c’è più.
C’è però che per la prima volta mi sono ricordato da solo dell’impegno e senza fare tante storie ho preso la penna in mano e mi sono messo a scrivere.
Di Salvatore e del Carro?
Perché c’è differenza?
Conosco Salvatore non da moltissimo tempo, ma da quando ho avuto il piacere di frequentarlo, con lui ho parlato sempre e solo del Carro.
Non so con gli altri e in altri contesti quel che facesse e di cosa parlasse.
Naturalmente avrà avuto anche altri interessi a partire da quelli familiari e professionali, ma che la sua grande passione fosse il Carro è assolutamente certo ed universalmente noto.
Peraltro da quando era morto Zì Rafele, suo padre buonanima, questa passione si era “razionalizzata” sposandosi con la responsabilità , che egli aveva assunto su di sé di portare avanti una tradizione che era cominciata nel lontano 1931.
Il vuoto che egli lascia è ampio e profondo.
L’aria di spaesamento che si coglie sulle facce degli amici del Carro è palpabile, nonostante gli sforzi di non darlo a vedere.
Anzi, come sempre succede in questi casi, il far finta di niente è del tutto controproducente, nel senso che quanto più si cerca di
esorcizzare l’assenza, tanto più questa si accampa come schiacciante presenza.
Insomma è inutile nasconderlo, senza di lui, tutto sarà più duro e difficile.
Fu così anche quando morì Zì Rafele .
Anche allora sembrò che la storia del Carro dovesse finire.
E invece è andata avanti, così come dovrà andare avanti adesso.
Adoperarsi in ciò è il modo migliore per onorare la memoria di questi due grandi viscianesi.
E’ sempre dovere di quelli che restano preservare e valorizzare quanto hanno avuto in eredità.
Questa regola vale per le piccole storie come la nostra, ma anche per la grande storia, che proprio per questo motivo, mai si arresta, né torna indietro.
A Salvatore nel ruolo di presidente dell’Associazione il Carro è subentrata in punta di piedi, come è suo costume, la moglie, Prof.ssa Maria Rosaria Landolfi, per gli amici Mariolina.
Piccolina, di grande garbo, predisposta più all’ascolto che al parlare, ella è animata da un grande amore per il Carro, per P. Arturo, per la Madonna e per Visciano.
Alle cose di casa nostra l’ha avviata, naturalmente, Salvatore.
Ma questo suo amore si era già reso autonomo prima che Salvatore scomparisse.
Peraltro lui ha pensato bene di lasciare solo quando è stato convinto che il testimone passava, anzi già lo era, in buone mani.
Mariolina, zitta, zitta e senza mai apparire ha già dato un contributo determinante alla storia del Carro, ispirando e facendo un prezioso lavoro di ricerca per la stesura e la pubblicazione dei due volumi , di cui si compone l’Antologia della Canzone viscianese, edita nel gennaio di quest’anno.
Il lavoro, durato più di due anni , oltre a Mariolina , ha visto impegnati altri grandi appassionati del Carro, tra cultori, cantanti, musicisti, ricercatori: tutti sotto la guida sapiente e la spinta continua di Salvatore, che di questa pubblicazione aveva fatto una ragione di vita.
E infatti…
Se sapessi scrivere una canzone.
Se sapessi scriverla farei contento Salvatore più di quanto non sto facendo con tutte queste chiacchiere.
I versi arrivano dove la prosa non può mai arrivare: essi partono dal profondo e colpiscono sempre nel segno.
Ma ognuno dà quel che può, né può essere accusato di dar poco se di più non sa e non può dare.
Stia tranquillo Salvatore: anche su questo versante la Storia continua e anzi si allarga.
Ai cantori soliti, che lui coltivava con tanto amore, già a partire da quest’anno, si è aggiunta una voce genuina e profonda, che ha scoperto la poesia attraverso “ ‘a via d’ ‘a fede”.
Salvatore l’ascolti attentamente, come certo farà e favorito anche dalla sua “nuova condizione di vita”, certo più serena e spassionata, ammetta, una volta tanto, che una preziosa risorsa per la composizione delle canzoni del Carro, era sfuggita pure a lui.

                                                                                                     Angelo La Manna

 

Lettera aperta a Salvatore Montella, fondatore dell’Associazione Culturale “Il Carro”.

Ciao, stasera sei qui, tra noi. Lo sappiamo.
Sei venuto a spronarci perché c’impegniamo tutti, il più possibile, per la buona riuscita del Carro. Ti affidi, con fiducia, al “bravo presentatore”; stai dando gli ultimi consigli ai “ragazzi di Visciano”, che canteranno dal Carro, sulla base musicale accuratamente approntata e messa in onda da quegli altri soliti ed eccezionali collaboratori.
Non c’è bisogno di citarne i nomi, perché tutti li conosciamo e apprezzeremo, stasera, il loro disinteressato impegno.
Tu, infatti, hai voluto trasmettere loro, soprattutto ai giovani, il concetto per te irrinunciabile, della gratuità del servizio dedicato al proprio paese e alle sue tradizioni più care.
Per la tua indomabile volontà, il Carro, l’elemento peculiare dell’inizio della Festa di Luglio, dedicata all’amatissima Madonna del Carpinello, non solo ha ritrovato l’antico, profondo significato, ma ne ha acquistato un altro.
Infatti, come per questi ultimi anni, anche per il futuro, parte dell’esibizione canora dal Carro dovrà essere l’occasione, per i giovani di Visciano, di ricordare, con le loro belle voci, le amate canzoni della tradizione.
Tuo padre Raffaele, e tanti altri, hanno lasciato un tesoro di musiche e versi che questi giovani dovranno custodire e, nello stesso tempo, ogni anno dovranno distribuire a tutti, con quel sentimento di devozione e di fede, che è stato alla base del tuo impegno nella fondazione dell’Associazione, che ha visto la luce per la tua affettuosa ostinazione.
Ora non ci sei più a sollecitare tutti, magari anche in modo assillante; ma senza i tuoi “assilli”, i giovanissimi delle scuole non sarebbero stati coinvolti, in prima persona, nell’atmosfera delle celebrazioni in onore della Madonna; non avrebbero assaporato, da protagonisti, il momento primigenio e più vero della Festa, quello religioso.
Anzi, a questo proposito, ti chiediamo scusa perché quest’anno, invece di dimostrarti il nostro affetto e, perché no, la nostra gratitudine, invogliando maggiormente gli alunni, il preside e i loro insegnanti, sempre affettuosamente disponibili a qualche lodevole iniziativa, promossa dall’Associazione, non abbiamo rispettato nessun progetto che avevi elaborato fino a pochi giorni prima di………
Mi scuso con te soprattutto io, che avrei dovuto prendere esempio dalla tua determinazione, per mantenere vivo il ricordo della tua dedizione per i giovani e per il tuo paese.
Perciò, ora che solo la parte migliore di te è tra noi, c’impegniamo, in ricordo del tuo affetto, della tua fede, della tua amicizia, ad onorare il più possibile i tuoi progetti, senza trincerarci dietro facili e surrettizi alibi, per nascondere la nostra apatia o, semplicemente, la nostra tiepidezza nell’assaporare il gusto della vita, che tu rendevi più vivo con il tuo entusiasmo e con il tuo sorriso.

                                                                               Mariolina Landolfi Montella

 

L’inedito, la piazza e l'anonimo (ovvero divagazioni sotto il carro)

'A Russia era Zi' Rusella: la moglie 'e Zi' Tore 'o Sergente.
Ma tutti la chiamavano Rusella d' 'o boschetiello, perchè vi era nata, cresciuta e pasciuta.
Solare e sempre allegra Zi' Rusella aveva 'na bella voce e 'a sapeva pure cantà, cioè ogni occasione era buona per intonarla.
Con l'arrivo dell'estate e l'approssimarsi della festa, le sue doti vocali si rischiaravano e il suo canto si rafforzava allungandosi fino a 'ncoppa Paone.
Li 'aria 'e festa in paese come in campagna, facendo "correre vapori e cucchiere ", metteva le ali ai cuori e alla fantasia di uomini e donne, di vecchi e bambini.
Che tempi, quei tempi... a distanza di tempo.
Tra le canzoni preferite da Zi' Rusella ve n'era una mai pubblicata e per questo ignota al grosso pubblico. Il figlio Rudy - l'altro ha natura troppo prosaica e ragionieristica per occuparsi ditali romanticherie - da sempre ha pensato di far cantare sul carro quella canzone, di cui conservava gelosamente nella memoria parole e musica.
Ogni sabato della festa, sotto il carro, egli ce la canticchiava, con la segreta speranza che qualcuno di noi facesse qualcosa, perché il suo sogno diventasse realtà.
Il miracolo si è finalmente realizzato quest'anno, non per merito di questo o di quello, ma per una sorta di giustizia della storia, che prima o poi, scomodandosi anche per le cose paesane, manda ogni pedina nella sua casella.
Quei ricordi si sono materializzati in un testo, su cui è stata scritta una partitura musicale.
E' nata una canzone con tanto di titolo, (Furastie' venite 'a festa cca) e persino con una nota didascalica a pie' di pagina.
Questa vicenda proprio perché un po' romantica, il sospetto è che sarebbe successo lo stesso anche se fosse stata di altra natura, è subito rimbalzata in piazza, dove naturalmente si è tinta di rosa e stranamente
anche un po ' di giallo.
Accanto agli inevitabili commenti e pettegolezzi, infatti, si è sviluppata una curiosità investigativa, che autoalimentandosi nel perimetro plateale, si è gonfiata a tal punto da toccare estremi del tutto impensabili all'interno di una qualsiasi altra dimensione spazio-temporale e di un qualunque altro contesto appena contornato da una ruvida scorza cerebrale.
-A chi appartenevano quei versi e quelle note?
-Perché Raffaele Montella, il presunto autore, aveva scritto e poi abbandonato quel testo? -Quando l'aveva scritto?
-Da quale occasione aveva preso spunto?
E ancora.
-E gli stilemi sono i suoi?
-Ma l'ispirazione pare meno profonda.
-L'espressione è a tratti stentata con qualche incertezza grammaticale. -Le strutture, le tecniche e ... bla... bla... bla.
Insomma esperti e pseudo-tali si sono sbizzarriti in veri e propri "attorcigliamenti mentali ".
Né è mancata qualche tesi suggestiva e stravagante o, come qualcuno ha sussurrato, del tutto strampalata. E se l'autrice fosse stata la stessa Zi' Rusella, ovvero l'anima popolare, che materializzandosi in lei l'avrebbe ispirata e guidata?
Di che meravigliarsi?
Fatti così non se ne contano a migliaia?
Anche di più se a contare si dà il significato di "cuntare ", cioè raccontare.
Peraltro, come altrimenti interpretare la storia della Pulzella d'Orleans, che, pur non avendo mai maneggiato una spada, seppe guidare l'esercito francese di vittoria in vittoria,più e meglio di un qualsiasi altro generale espertissimo di arte e strategie militari?
Pagina 2 "11 Carro" Anno 5 nuin
canzone sarà cantata, visto che già più di una discussione è nata anche sul nome di chi dovrebbe canti Quelli, e non sono pochi, che hanno identificato l'autore con lo spirito popolare, alias Zi' Rusella, s ombra di dubbio, ritengono che debba essere Rudy e non altri ad interpretarla sul carro, anzi come tualizzano a testimoniarla se non addirittura a viverla, che sono ben altre cose rispetto a cantare.
Questo distinguo, tra vivere e cantare, pur non essendo molto chiaro, si è riportato lo stesso in queste per dovere di cronaca e soprattutto perché a giudicare dalla convinzione e si direbbe dalla foga dei sostenitori, un qualche fondamento di verità dovrà pure averlo.
Infine, se in via del tutto eccezionale, al cronista che per ovvi motivi preferisce rimanere anonimo, dov essere consentito di trarre, da queste divagazioni una conclusione, essa potrebbe essere la seguente. Che le cose del mondo abbiano una spiritualità profonda, che le ispiri e una razionalità nascosta, ch guidi, può anche essere plausibile e non solo perché è stato sostenuto da f losofi e pensatori di epoci di estrazione culturale diverse.
Ma che essa anima mundi si metta a scrivere e/o a dettare canzoni per la festa di Visciano. francamE pare essere abbastanza inverosimile, anche se si ribadisce che in questa materia la prudenza e la catn consigliano di non esprimere valutazioni secche in senso negativo o positivo.
Come dire: tra il bianco e il nero la scelta più saggia potrebbe cadere sul grigio.
Ed è proprio questa logica salomonica a suggerire l'opportunità di fermare per il momento chiacehier polemiche per godersi la festa. sapendo che tutte le canzoni sono belle e tutti gli autori e i cantanti sc bravi, anche se non... comm' 'a Zi' Rusella.

                                                                                  Angelo La Manna

 

 

Visciano, si concretizza il "Miracolo del Carro"

Visciano, si concretizza il "Miracolo del Carro". Visciano: nella cornice di P4azza Lancellotti si è tenuta la seconda edizione di "Serata Viscianese" realizzata dal Comitato Festa e dall'associazione "Il Carro". Per la prima volta, ci sarebbero precedenti lontanissimi nel tempo, il comitato festa, presieduto da Felice Lieto, prendendosi anche qualche critica, decide di rompere un ciclo. La scelta è quella di dare ai soli viscianesi, la possibilità di carro. Quattro mesi fá sembrava un impresa ardua alla quale nemmeno gli stessi protagonisti credevano. Quattro mesi di prova e sacrifici, grazie al maestro Massimo Albano (unico non di Visciano) con il gruppo orchestrale, composto da Fabio D'Onofrio al basso, Pietro Arimini alle chitarre, Antonio Nappi alla tromba, Giovanni Rozza alle percussioni e lo stesso maestro Albano alle tastiere. Ad aprire la serata il decano del Carro, quel La Manna Domenico che ha eseguito "ó sabbato dà festa" di Raffaele Montella di cui ricorrono i 110 anni dalla nascita. Il professor Domenico Napolitano, in qualità di presidente dell'associazione Il Carro, ha coordinato la serata come sempre. Atto di devozione alla Madonna del Carpinello di Benedetto Ippolito che ha recitato una sua lirica dal titolo "Ò primmo ammore" scritta nel 2006. Ottime le interoretazioni di canzoni di Raffaele Montella, Sebastiano Addefo e Corrado Carraturo. In successione d'uscita, Alessia Carraturo, Lina Severino, Carmen Sgambato, Cristina Trinchese, Michela De Rosa, Vittorino Montanaro el'attesissima Anna Maria D'elia che ha interpretato "Nun cè scurdamme è te" che nel 1980 Raffaele Montella dedicó a Padre Arturo e "Figlie d'emigrante" scritta da Sebastiano Addeo nel 1972. Serata magnifica co piena sincronia tra gli orchestrali e gli aspiranti interpreti. Bravo il comitato che ha abbinato l'evento con una sagra paesana. Ora l'appuntamento e al sabato della festa (23 luglio) verso le 23, svolgendo lo sguardo al Santuario e al Carpine. .

                                                                                          Nicola Valeri